Chi è Leonardo Kachanovsky. A dispetto del suo cognome,
Leonardo Kachanovsky è un designer argentino di successo, vive a Buenos Aires
in un raffinato appartamento disegnato da Le Corbusier in persona insieme
alla moglie Ana (un’annoiata e repressa insegnante di Yoga piena di
fisime e di pretese tanto ridicole quanto assurde), la figlia adolescente Lola
con la quale non riesce a scambiare nemmeno una parola (ottima rima!) che vive
dentro le sue cuffiette hip-hop e ignora nobilmente i tentativi del padre di
instaurare con lei un qualunque tipo di rapporto, e una domestica mite e
laboriosa alla quale da del “lei” e che lo asseconda stoicamente, forse
mascherando con mestiere il suo velato, onesto disprezzo per “el señor”.
Leonardo e sua moglie di tanto in tanto ricevono in casa: i genitori di lei che
se la spassano con la nuova videocamera comprata nell’ultimo viaggio a
Roma, amici un po’ tonti che si bevono
tutte le elucubrazioni acculturate di lui in ambito musicale, oltre che alle
ragazze del corso di Yoga (Ana) e gli studenti iscritti al corso universitario
di designer ai quali Leonardo non risparmia praticamente nulla, né in termini
accademici, né in termini di rispetto ed educazione, e neppure (in caso di
allieve carine) in termini di esplicite attenzioni diciamo poco commendevoli.
Chi è Victor Cubello. Si presenta in abito da lavoro con un vocione da basso, faccia cattiva, un tipo da “pane-al-pane” che sta lavorando e che è disposto a interrompere i suoi lavori di ristrutturazione solo per buonissimi motivi . Scappa fuori da un buco nella parete giusto davanti alla vetrata dello studio di Leonardo perché vorrebbe aprire una finestra per ricevere un po’ più di luce, e perché pare non dare alla “privacy” la stessa importanza del suo nuovo vicino.
Fin qui sembrerebbe tutto chiaro: Leonardo è un onesto uomo ammantato del suo prestigio che vede insinuarsi nel suo destino le orme puzzolenti di un troglodita dai modi sbrigativi arrivato lì per caso a rovinargli la vita.
Ma Gaston Duprat è un regista ed autore intelligente, spiritoso, arguto: in modo lento ed inesorabile, la figura del prode architetto assume le forme dell’uomo meschino, vigliacco, incapace, forte coi deboli e debole coi forti, che sa abbaiare solo da lontano e che da vicino, invece, se la fa addosso e cala le braghe a suon di bugie, sotterfugi e pugnalate alle spalle. Mentre il rozzo “Hombre de al Lado”, dal quale lecitamente ci si aspetterebbero le peggiori reazioni volgari e violente, si dimostra ragionevole e, a modo suo (modo che Duprat abilmente nasconde fino alla fine), sincero, disponibile al compromesso, forse addirittura amichevole.
Due opere d’arte. Una poltrona di lusso, futuristica, che ha ottenuto grande successo alle Biennali in giro per il mondo e che Kachanovsky sa a mala pena raccontare in una maldestra registrazione televisiva o attraverso il suo sito internet pulitino-pulitino, e “L’Origine”, la scultura che Chubello ricava da pezzi di fucile, chiodi e cartucce, assemblata in rosso-cerato a formare un utero/vagina ispirata dal ricordo della sua “putissima madre” e della quale si onora di far dono a Leonardo: in questa contrapposizione sta la chiave di questo pregevolissimo film, l’arte dell’opportunista codardo contro l’arte della persona semplice, la forma del torbido contrapposta al chiaro, in un gioco di luci, prospettive e situazioni che, portandoci ad un finale a dir poco sorprendente del quale sarebbe criminale anticipare alcunché, suscita nello spettatore la lecita domanda di chi sia davvero “al lado” di chi.
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