Piccoli Morti Crescono... A cosa e a chi sarà servito questo
piagnucoloso polpettone americano è presto detto: a niente e a nessuno. Passerà
via come una finale di “Amici” dalla De Filippi, e nessun piccolo moribondo
contemporaneo, americano o altro che sia, ne trarrà alcun insegnamento, perché non
potrà rimanergli impresso nulla, nulla che non possa essere presto confuso e
smarrito dentro qualcos’altro, un’estemporanea performance di hip-hop, magari,
o una cover di Madonna strangolata agonisticamente tra gli strillanti lustrini
degli “Studio’s”.
Malattia, sofferenza, vita, amore, morte... tutta roba seria, tutto scritto
piuttosto bene, anche accuratamente nei diversi dettagli e nei molteplici
risvolti (vedi, ad esempio, figure dei genitori), ma tutto sceneggiato in maniera
disgustosa. E la componente dei dialoghi che pure meriterebbe di essere
salvata, affoga in un marasma di banalità visive crudeli più della morte stessa,
ad onta di due giovani volonterosi ed inefficaci come Shailene Woodley e Ansel
Elgort cui è deputato il compito di inscenarla (per non dire dei tutt’altro che
irresistibili camei della sempre dinoccolata Laura Dern e del sorprendentemente
(in)colpevole Wiilelm Defoe nel ruolo di un Van Helsing al contrario, che si fa
seccare dal vampiro...).
Probabilmente (me lo auguro...) l’opera letteraria da
cui questo “The Fault In Our Stars” è tratto ha un taglio diverso rispetto a
questo noiosissimo piagnisteo diretto da Josh Boone. Nel dubbio e nell’ignoranza,
lasciatemi consigliare un efficace antidoto per questo bocconcino avvelenato
che avete appena visto (o che, vi auguro, non vedrete mai): Gus per Gus (Gus è
il nome del protagonista maschile di questo film), suggerisco la (re)visione di
“Restless” (“L’Amore che Resta” in italiano), un film del 2011 di Gus Van Sant
(ma guarda tu... la locandina... sembrano uguali...)
Piccoli Morti Amen.
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