A metà tra l’horror e lo splatter e usando il western solo
come pretesto, questo inquietante “Bone Tomahawk” è di piuttosto difficile
catalogazione: immerso in un’atmosfera surreale già dalla prima parte, quella
ambientata in una piccola comunità di frontiera nel lontanissimo ovest sperduta
e marginale dove poche anime, specie dopo
che gli uomini se ne sono andati tutti con le mandrie, muovono blandamente la
loro esistenza aggregate intorno ad un unico centro rappresentato da un
silenzioso e “sospeso” saloon; in un clima
rarefatto (non privo di utili venature ironiche) dove ciò che dovrà accadere si
insinua attraverso piccoli eventi striscianti nonché attraverso il presentarsi
dei vari personaggi del film, ognuno a suo modo nient’affatto banale, nella
seconda parte (dove il variegato quartetto di “cacciatori” si addentra in
quella zona sconosciuta e desertica in cui nessuno osava mai mettere piede) il film
accentua ulteriormente il senso di estraniamento, fino ad arrivare agli ultimi
30/40 minuti in cui la degenerazione visiva di frecce, scalpi, sangue di mostri
e sbudellamenti vari finisce per prevalere con fin troppa veemenza, dando un
sapore esageratamente disgustoso alla vicenda e di difficile (se non impossibile)
sopportazione per occhi e anime troppo delicati.
Pieno di difetti non solo di sceneggiatura, ma soprattutto nel tentativo di caratterizzare, armonizzandoli in una logica comune, i quattro protagonisti del drappello di coraggiosi, “Bone Tomahawk” è comunque un film interessante pur nelle assurdità che inscena (quelle volute e quelle non volute), capace di catturare l’attenzione senza stancare troppo per oltre le due ore di durata, eccessivo (come già detto) nel finale, dove l’ottima prova del cast (in primis quella di Kurt Russel nella parte dello sceriffo) contribuisce a farne apprezzare gli sforzi positivi di S. Craig Zahler, giovane e forse ancora inesperto alla sua opera prima da regista e già conosciuto come direttore di fotografia (ottima anche qui anche se non firmata dal suddetto).
Decisamente inadatto ai minori di un tot quoziente di sopportazione gastrico/emotiva, ma a suo modo interessante.
Pieno di difetti non solo di sceneggiatura, ma soprattutto nel tentativo di caratterizzare, armonizzandoli in una logica comune, i quattro protagonisti del drappello di coraggiosi, “Bone Tomahawk” è comunque un film interessante pur nelle assurdità che inscena (quelle volute e quelle non volute), capace di catturare l’attenzione senza stancare troppo per oltre le due ore di durata, eccessivo (come già detto) nel finale, dove l’ottima prova del cast (in primis quella di Kurt Russel nella parte dello sceriffo) contribuisce a farne apprezzare gli sforzi positivi di S. Craig Zahler, giovane e forse ancora inesperto alla sua opera prima da regista e già conosciuto come direttore di fotografia (ottima anche qui anche se non firmata dal suddetto).
Decisamente inadatto ai minori di un tot quoziente di sopportazione gastrico/emotiva, ma a suo modo interessante.
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