Provo un romantico senso di compassione, amore, tolleranza, accettazione
delle mie paure, dei miei limiti. Assisto benevolo alle mie piccole sconfitte,
alle ritirate momentanee, alle quelle due lacrime che mi ritornano dentro dopo
aver concimato il mio volto stanco e incresciuto, bevute e così piene di sapore.
Son grato a quel paio di orecchie buffe che mi cammina dentro lo specchio
cercando un ritmo, desiderando il volo di una donna - una per tutte - che non
sa far volare, son grato a chi le sa
ascoltare, condividere e vivere con me, anche se solo per pochi istanti. Son
grato a chi mi dice “aspetta”, son grato a chi mi dice “vai”, a chi mi lascia
il suo numero così, senza sapere, tanto per le mie orecchie, forse.
Dedico a
tutti loro questa luminosa domenica di grigio, i tortellini buoni, il vino, un
pasto solitario e di letizia, e quella cipolla che finalmente, senza patemi,
posso. Dedico e condivido, leggero per come può volare, il basso panorama -
eppure immenso - dell’umile tacchino frastornato, chiassoso e goffo, spaventato
già dal primo rosso e in disperata cerca di un rifugio aperto, testone,
sciocco, ripieno di intimorita fiducia.
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