Trinità: Padre e Figlio sono femmina, e hanno tredici
anni. Lo Spirito Santo è femmina pure
lui, un po’ più grandicello: all’inizio portava i capelli lunghi, suonava Sylvius
Leopold Weiss con la chitarra classica e nessuno se lo filava. Dio è fascista,
oltre che confuso, e se esistesse (ma non esiste) andrebbe impiccato, e il Punk,
nel 1982, era ancora piuttosto vivo...
Né Padre, né Figlio hanno mai suonato niente in vita loro, ma gli ronza talmente tanto in testa una canzone che tratti così male lo sport almeno tanto quanto lo sport tratta male loro, che tagliano i capelli allo Spirito Santo, se lo portano dietro, e mettono su una band. Che non è, e non potrebbe ovviamente mai essere, una “girl-band”.
Trinità più due fa cinque: il Pentacolo: bastano due maschi in più che tutto vacilla, e litiga, che se non fosse per lo Spirito Santo (che è dispari, e da dispari capisce le cose meglio degli altri, e le sa sistemare), Satana c’avrebbe da sguazzare facile pure in Svezia, dove non è lecito chiedere la carità, neanche per gioco, o per procurarsi una chitarra elettrica, che una chitarra elettrica, a una band, serve sempre. D’altra parte, se a niente servono i genitori, la famiglia, la scuola non ne parliamo neppure... l’urgenza di trovare qualcosa di utile da fare non può che farsi impellente, a prescindere dal successo, che in fondo non conta poi nemmeno tanto.
Né Padre, né Figlio hanno mai suonato niente in vita loro, ma gli ronza talmente tanto in testa una canzone che tratti così male lo sport almeno tanto quanto lo sport tratta male loro, che tagliano i capelli allo Spirito Santo, se lo portano dietro, e mettono su una band. Che non è, e non potrebbe ovviamente mai essere, una “girl-band”.
Trinità più due fa cinque: il Pentacolo: bastano due maschi in più che tutto vacilla, e litiga, che se non fosse per lo Spirito Santo (che è dispari, e da dispari capisce le cose meglio degli altri, e le sa sistemare), Satana c’avrebbe da sguazzare facile pure in Svezia, dove non è lecito chiedere la carità, neanche per gioco, o per procurarsi una chitarra elettrica, che una chitarra elettrica, a una band, serve sempre. D’altra parte, se a niente servono i genitori, la famiglia, la scuola non ne parliamo neppure... l’urgenza di trovare qualcosa di utile da fare non può che farsi impellente, a prescindere dal successo, che in fondo non conta poi nemmeno tanto.
Con questi presupposti, Lukas Moodysson, in questo spiritoso,
serio, giocosamente disturbante “We Are The Best”, riprende in mano i suoi prediletti
adolescenti, già egregiamente trattati in film come il bellissimo “Lilya4ever”,
e in quello d’esordio “Fucking Åmål”. Diversi, disadattati, autoadattanti e
modellati su nient’altro che loro stessi, anche Bobo, Klara ed Edwig, come i
loro predecessori nella filmografia del 45enne regista di Malmö, attraverso la sua
mano nervosa, inquieta, scattante, come se non fosse mai soddisfatta di ciò che
riprende, procedono attraverso il vuoto che le circonda loro malgrado e
immeritatamente, salde su pochi, ma significativi punti certi, tipo il ketch-up,
o il “Devi aiutare i poveri” che Klara dice perentoria alla commessa del Fast
Food che non vuole dar loro, squattrinate, nemmeno un po’ di patatine fritte, verso
un risultato che non arriverà forse mai, ma che le troverà comunque soddisfatte
e felici, perché quel che conta, è che loro “Sono le migliori”. E su questo non
c’è dubbio.
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