Ad un paio di raffinati Larghi, tratti dai concerti per violino
e orchestra vivaldiani , il trentaseienne regista parigino Jérôme Bonnell
affida il compito di accompagnare l’altrettanto delicata, romanticissima e
profonda storia, ricavata dal romanzo di Jacques Martin “Alix, l’Intrepide”, di
Alix (la solita, perfetta Emanuelle Devos) e Doug (Gabriel Byrne).
Apparsole nel primo giorno d’estate, seminascosto dal gioco prospettico
dei sedili di un treno semivuoto che li sta portando verso Parigi, Doug (e
la sua mano, monda di anelli nuziali...), professore inglese di letteratura in
viaggio per portare l’estremo saluto ad un’ex-collega (probabilmente suo
vecchio oggetto d’inesaudito amore) attira con repentina immediatezza l’attenzione
della quarantenne attrice. Avvicinata casualmente dallo sconosciuto ombroso e
dall’espressione triste per ottenere un’indicazione su dove si trovi la chiesa
verso cui è diretto, subito Alix si vede sottrarre l’attenzione dell’uomo da un
altro passeggero che, vista l’indecisione di lei nel rispondere alla domanda,
si presta ad aiutare il forestiero visitatore separando i due, così come accadrà
successivamente al funerale, dove di nuovo tra Alix e Doug alcuni occasionali intrusi
cercheranno involontariamente di non farli incontrare. Ma l’intraprendenza e l’audacia
di Alix la porteranno ostinatamente fin
dentro la sua camera d’albergo, dove tra l’uomo e la donna nascerà quell’intesa
che né col fantasmatico compagno di lei (un uomo di cui conosceremo soltanto la
voce e l’assenza), né con i quattro figli già grandi che Doug aveva “maturato” in
quella vita che racconterà appena e che già sembra precedente a questa, i due avevano
mai conosciuto.
Nello spazio di poche ore appena, dove all’inizio la fretta
degli orologi, dei treni che partono, del bancomat che improvviso serve ma non
funziona, dei telefoni che non rispondono, una fretta che insegue Alix fin
dentro il personaggio che per alcuni minuti (e per due volte) interpreta
durante una fugace audizione parigina, che la insegue nervosa con la camera in
movimento su e giù per la metropolitana, il regista riesce in un secondo tempo e con
maestria, una volta “consumato” l’incontro amoroso dei due protagonisti, a
dilatare il tempo, rendendo con fluire sorprendentemente calmo una serie di
eventi che si susseguono numerosi (l’incontro/scontro con la sorella, le feste
nei bistrot) benché compressi in pochissime ore, fino ad un finale splendidamente aperto, laddove il treno che
inghiotte Alix sotto lo sguardo desolato di Doug sembrerebbe invece chiudere
ogni spazio e ogni possibilità.
Romantico all’ennesima potenza (i “duri” si astengano dal
cercarlo...), non per niente premiato al Carbourg Romantic Film Festival, nonché
in corsa nel più noto e prestigioso Festival di Tribeca, questo “Le Temps de l’Aventure”
si propone delicato ed intenso, ricco di sentimenti e di poesia, leggero e
struggente insieme, grazie anche ad un ottimo soggetto, ad una regista abile soprattutto
nell’alternanza sempre significante dei punti di vista delle inquadrature, ma
soprattutto a due attori di non consueto calibro come il freddo Byrne e ancor
più la morbida Devos, dotata di un fascino e di una intensità tutti particolari
e difficilmente ritrovabili insieme in altre attrici, splendida in questa
occasione ancor più delle altre che mi
sia dato di ricordare.
Molto bello.
---
---
Nessun commento:
Posta un commento