Dato il protrarsi degli eventi più lungo del previsto, ero
già deciso a rinunciare al mio buon proposito di lasciare che Giovanni finisse
spontaneamente i suoi giorni qui in casa, ricorrendo all’aiuto della medicina:
mi aspettavo di trovarlo addormentato prima o poi, senza respiro, così mi
avevano detto, semplicemente.
Invece, il suo attaccamento alla vita o non so
cos’altro, lo ha portato ad una condizione dove non capisco più, non sono più
sicuro se il suo miagolio diventato flebile corrisponda solo all’esigenza di
bere o a quella di fare pipì, non capisco se invece significhi “Non voglio
morire”, oppure “Aiutami a morire”, oppure, con quella semplicità dell’istinto sconosciuta
agli umani, soltanto: “Sto morendo”.
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Mi ero già vestito, avevo portato di sopra
il trasportino, provato ad adagiarvelo per vedere se avesse avuto o no le
consuete reazioni di panico alla sua vista: nessuna reazione. Telefono, per
sincerarmi di trovare presente in ambulatorio l’amico veterinario che potesse
praticargli l’iniezione; gli riassumo il quadro, le mie intenzioni, gli chiedo
se da lì sia in grado di valutare o meno il suo grado di sofferenza. Mi
risponde, forse indovinando dalla mia voce rotta dalla commozione: “In questi
casi, se soffrono, si agitano molto e si lamentano molto”.
“No, lui non...” gli rispondo, dicendogli del suo ridestarsi breve e rado, del suo miagolio rarefatto di cucciolo affamato, della bavetta acida e pestilente diventata già sanguinolenta che gli tormenta in bocca, del ricadere pesante e scomposto agli ormai rari tentativi di tirarsi in piedi.
Gianfranco non è solo un buon dottore, è uno che conosce bene gli animali e che prova per essi un amore al limite della sacralità.
“Tienilo lì”, mi dice.
E’ qui.
“No, lui non...” gli rispondo, dicendogli del suo ridestarsi breve e rado, del suo miagolio rarefatto di cucciolo affamato, della bavetta acida e pestilente diventata già sanguinolenta che gli tormenta in bocca, del ricadere pesante e scomposto agli ormai rari tentativi di tirarsi in piedi.
Gianfranco non è solo un buon dottore, è uno che conosce bene gli animali e che prova per essi un amore al limite della sacralità.
“Tienilo lì”, mi dice.
E’ qui.
(segue)
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