Di giusto gli è rimasta solo la testa, tutto il resto è meno
di quel che dovrebbe: il collo, le anche scavate, la spina dorsale incurvata
che lo fa assomigliare ad un buffo cammello. Ma soprattutto le zampe, quei
piedini bianchi sulle quali ha sorretto tutta la sua esistenza di Pulcinella
sono di una magrezza disarmante, inadatte all’apparenza anche a sorreggere solo
quei pochi chili sui quali può ancora contare.
Si risolleva di tanto in tanto con meticolosa fatica e misurata pazienza, calibrando poi con cura i tempi e gli spazi del riadagiarsi, ritrovando ogni volta e nonostante tutto una di quelle posture piene di grazia che sempre me lo hanno reso così prezioso.
Sono ormai quattro o cinque giorni che ha praticamente smesso di mangiare, e da un paio di giorni anche la ciotolina per bere sulla quale si avventava ogni volta che gliela riempivo con un po’ di acqua fresca e nuova rimane tristemente riscaldata quasi all’orlo fino alla mattina dopo...
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Si risolleva di tanto in tanto con meticolosa fatica e misurata pazienza, calibrando poi con cura i tempi e gli spazi del riadagiarsi, ritrovando ogni volta e nonostante tutto una di quelle posture piene di grazia che sempre me lo hanno reso così prezioso.
Sono ormai quattro o cinque giorni che ha praticamente smesso di mangiare, e da un paio di giorni anche la ciotolina per bere sulla quale si avventava ogni volta che gliela riempivo con un po’ di acqua fresca e nuova rimane tristemente riscaldata quasi all’orlo fino alla mattina dopo...
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“Giovanni” è uno scherzo, non è il suo vero nome: lo chiama
così una ragazza perché fu il nostro comune amico Giovanni a trovarlo in strada
quasi diciannove anni fa, cucciolo vispo e spaesato come tutti i gattini di
poche settimane che ti guardano all’improvviso da sotto una macchina
parcheggiata o dentro un cespuglio di pitosforo fingendosi abbandonati, mentre
invece stanno solo giocando allegramente le prime elettrizzanti mosse della
loro avventura nel mondo in cerca di amici. Giovanni, il mio amico, lo portò
poi in dono a sua sorella, da poco sistemata nel suo nuovo appartamentino di
donna single, e quando io mi decisi finalmente e col poco tempismo che mi
caratterizza a chiederle se davvero volesse venire a vivere con me, la mia
ostinata riluttanza alla convivenza con animali trovò sorte comune con la
medesima avversione che nutro per la convivenza con gli esseri umani, fidanzate
comprese. Quando ci separammo, tre anni più tardi, Simona si portò naturalmente
dietro il “suo” Giovanni, ma la nuova struttura che ospitava i miei due
ex-conviventi si rivelò presto ostile ed inadatta per il timido micetto:
circondato da battagliere gatte femmine avvezze alle competizioni primordiali
inerenti sesso, cibo e territorio, vessato da un cagnaccio sbranatore dal quale
una rete divisoria piena di fessure e pertugi non lo proteggeva minimamente,
vedendolo ancora completamente disadattato e spaesato a distanza di quindici
giorni dal trasloco, Simona mi propose di riprendere Giovanni indietro.
Lo fece col cuore, ed io col cuore lo ripresi con me.
Lo fece col cuore, ed io col cuore lo ripresi con me.
(segue)
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