giovedì 21 luglio 2016

Dio che non sei (Yves Bonnefoy)

“Dio che non sei
posa la mano sulle nostre spalle,
disegna il nostro corpo
col peso
del tuo ritorno.

Compi la fusione delle nostre anime
con gli astri, i boschi, le grida degli uccelli,
le ombre
e i giorni.

Rinuncia a Te in noi
come si squarcia un frutto.
E noi cancella in Te,
rivela il senso misterioso
di ciò che è solo semplice.

E senza fuoco
cadrebbe
in parole senza amore.”


                                     (Yves Bonnefoy)
.

lunedì 11 luglio 2016

Here Comes the Flood (Peter Gabriel - 1977). Libera traduzione e azzardato commento.

   Sono passati quasi quarant’anni da che “Here Comes the Flood” uscì in vinile e a 33 giri, brano di chiusura del primo album solista di Peter Gabriel: Gabriel aveva appena lasciato i “Genesis”, decretando contemporaneamente il fallimento di questi ultimi e l’affermazione di se stesso come uno dei più grandi geni della musica “pop” contemporanea. 

   Azzardare una traduzione di questo brano non è cosa facile: non lo è mai quando si tratta di geni, meno ancora se a farlo ci prova un semplice praticone come il sottoscritto. Ma nessuna delle traduzioni (quelle letterali sono improponibili sotto ogni aspetto) o “interpretazioni” più ragionate del testo che ho trovato in rete mi ha pienamente convinto, comprese quelle che si sono encomiabilmente sforzate di partire da quel poco che si ritrova delle spiegazioni date dallo stesso Gabriel al testo per poter pervenire ad una “interpretazione autentica” di ciò che il brano voleva significare. 

   Gabriel, per chi non lo sapesse, è anche un poeta. Non nel senso che siano mai state pubblicate sue poesie (non mi risulta, almeno per ora), ma ogni testo scritto da lui ha quella visionarietà e quella folle fantasia che di altri non possono essere se non di un vero poeta. E “rifare” in un'altra lingua una poesia di Gabriel non è roba per praticoni. Pertanto ho preferito (leggasi: sono stato costretto a) farne una traduzione più vicina ad un linguaggio in prosa piuttosto che in versi, una specie di breve monologo basato sulla “aspirazione profetica” avuta da Gabriel nello scrivere “Here Comes The Flood”.

   Come spiega il suo autore, il Diluvio di cui parla la canzone è ovviamente metaforico: nel 1977, anno di uscita, era già diverso tempo che si parlava (e/o si cantava) dell’avvento prossimo venturo della “Età dell’Acquario”, forse già in atto, almeno nelle speranze di molti. E forse non a caso Gabriel parla di Acque, di Mari, di Mondo Sommerso, tutto come contraltare alla mondo di “Carne e Sangue” ormai vecchio e smarrito  di cui l’essere umano è ancora prigioniero, vittima non incolpevole di quell’ ignoranza (e, perché no, ipocrisia) simboleggiata dalle Maschere di Attori dalle quali dovremo liberarci per rivelare  la nostra vera essenza. Acque, dunque: tutti soggetti in qualche modo senzienti ed agenti (le onde di acciaio che tirano chiodi verso il cielo), motivo per il quale li ho voluti trascrivere usando la lettera maiuscola . E il Diluvio, naturalmente: un Diluvio psichico, energetico, mentale, una sinergia di sinapsi capace di incendiare il cielo con un lampo, operata da coloro che, tra tutti gli altri, avrebbero ed avranno l’opportunità e la volontà di preparare le nuove Isole su cui si salverebbe una rinnovata Umanità.

    Gabriel (dichiarava lui stesso) era partito da una riflessione improvvisa avuta una sera in cui si accorse che, accendendo la radio al calar della notte, man mano aumentavano di numero le stazioni che potevano essere udite. Ciò creava per Gabriel una sorta di caos confuso nel quale  volle individuare una specie di “avvertimento”, forse un richiamo, un pre- allarme in grado di mettere in movimento colui che sa ascoltare ed interpretare i segnali provenienti da dimensioni sconosciute, e comunque
superiori, pronto ad accogliere ed immergersi in quel “Tempo Pasquale” (“Easterntide” è appunto la parola anglosassone che individua il periodo liturgico tra Pasqua e Pentecoste) dove Morte e Resurrezione si accompagnano e accompagnano l’Uomo nel suo necessario sacrificio di redenzione.
.
When the night shows
the signals grow on radios
All the strange things
they come and go, as early warnings
Stranded starfish have no place to hide
still waiting for the swollen Easter tide
There's no point in direction we cannot
even choose a side.

I took the old track
the hollow shoulder, across the waters
On the tall cliffs
they were getting older, sons and daughters
The jaded underworld was riding high
Waves of steel hurled metal at the sky
and as the nail sunk in the cloud, the rain
was warm and soaked the crowd.




 Lord, here comes the flood
We'll say goodbye to flesh and blood
If again the seas are silent
in any still alive
It'll be those who gave their island to survive
Drink up, dreamers, you're running dry.


When the flood calls
You have no home, you have no walls
In the thunder crash
You're a thousand minds, within a flash
Don't be afraid to cry at what you see
The actors gone, there's only you and me
And if we break before the dawn, they'll
use up what we used to be.


Quando scende la notte, le stazioni radio crescono di numero, si possono sentire un sacco di strani segnali,  voci e rumori che vanno, vengono, e sembra che tutto sia lì per darci un qualche preavviso. Dal canto loro, le Stelle Marine spiaggiate  non hanno nessun posto dove nascondersi: possono solo starsene ad aspettare la Grassa Marea di Pasqua, mentre per noi è inutile darsi un qualsiasi riferimento, perché a quel punto non potremmo nemmeno scegliere da che lato metterci.

Presi il vecchio sentiero che attraversa le Acque, senza portarmi niente in spalla. Giunto in cima alle Alte Scogliere vidi che tutti, indifferentemente,  stavano invecchiando: i maschi come le femmine, e le figlie e i  figli con loro. Il Mondo Sommerso,  invece, stufo  e ormai al limite della sopportazione,  stava finalmente andando alla grande: con le sue Onde d’acciaio si era messo a scagliare pezzi di metallo contro il cielo, cosicché, al primo chiodo che riuscì ad affondarsi dentro una nuvola, ecco una pioggia, calda, sommergere tutti quanti...



Oddio! Il Diluvio! Possiamo dire addio alla nostra carne e al nostro sangue! E se mai i Mari volessero un giorno di nuovo tacere, troveranno ancora vivi solo coloro che seppero darsi un’Isola. Perciò bevete tutto fino alla fine, illusi, prima di inaridirvi!



Perché quando il Diluvio ci chiama, non c’è casa, non c’è muro che possa proteggerci. Esplode un tuono, e noi dobbiamo essere le mille Menti che hanno acceso il lampo. Non aver paura di piangere: ciò che vedrai sarà quel che di noi resta dopo che avremo smesso di fingere e recitare come attori.  E se saremo riusciti a farlo prima dell’alba, ciò che siamo stati prima non sarà mai più.

.