lunedì 14 dicembre 2015

Love & Mercy (Bill Pohlad) - Usa 2014

   La prima cosa che andrebbe apprezzata di questo film è l’efficienza del casting che ha saputo scovare in Paul Dano una sorprendente somiglianza col vero Brian Wilson, arrivando oltretutto ad usufruire del fatto che lo stesso Dano sa anche cantare e suonare il pianoforte piuttosto egregiamente, cosa che ha consentito al fortunato regista Bill Polhad di girare delle belle scene a tutto tondo in cui non fosse necessario separare le mani del pianista dai suoi primi piani. Al contrario di quanto accade invece nel caso di John Cusack  il quale ha in questa del pianoforte la sua unica, inevitabile limitazione, mentre per il resto, da suo non-estimatore, devo riconoscere  che offre qui un’interpretazione davvero pregevole di un personaggio davvero difficile da interpretare. 

   Gli  attori che danno vita ai due Brian Wilson (il giovane, in piena attività e circondato dal successo e al contempo alle prese con le difficoltà psicologiche innescate da un padre opportunista, dispotico ed egoista, e quello adulto, impegnato invece a difendere e ricostruire la sua emotività e la sua psiche messe a dura prova non certo solo dal successo) sono certamente i due capisaldi principali di “Love & Mercy”, brano di successo di Wilson già in carriera solista e titolo ben significante per tutto il lavoro di Polhad. 

   Ma va sicuramente sottolineata anche la straordinaria prova dei due attori non protagonisti i cui personaggi affiancano la vita del musicista: Paul Giamatti nel ruolo del mefistofelico dott. Landy che “pretenderebbe” di avere in cura il “presunto” schizo/paranoico Wilson, e ancor di più Elizabeth Banks (Melinda Ledbetter nel film e nella realtà), la donna che, battagliando con coraggio contro il suddetto sedicente dottore grazie ad un sentimento tenero e profondo che la coglie subito già dal primo incontro col  protagonista (meravigliosa la scena nel salone auto in cui Melinda vende una splendida Cadillac blu a Brian), stretta in un universo fatto completamente di maschi, si muove con una splendida miscela di  leggerezza e determinazione, delicatezza e polso fermo, sempre mossa dall’affetto (presto amore) per quell’uomo fragile ed indifeso (tanto più indifeso quanto più circondato da persone che pretenderebbero di difenderlo) che tratterà sempre con un rispetto ed una sensibilità resi davvero straordinariamente bene dalla Banks.

   Un film molto tenero, anche molto divertente (come non può essere divertente farsi accompagnare per tutto il tempo dalla musica dei Beach Boys, risposta americana e pertanto un po’ rozza ai contemporanei Beatles di oltreoceano...), dove Polhad cura molto bene ogni dettaglio in tutti i contesti, da quello strettamente musicale (ottime e brillanti tutte le scene negli studi di registrazione), a quello più intimista della vicenda amorosa tra Brian e Melinda (che sembra davvero rubata ad una favola moderna), a quello crudele e stonato di chi non ha mai saputo capire ed amare Brian (il padre) o ha cercato di trarne profitto (Il dottore e il suo entourage): il ritmo è sempre altissimo, le alternanze temporali tra il Wilson giovane e quello adulto è sempre puntuale, un tocco di coloritura “vintage” ogni tanto, pennellata bene e senza troppa piaggeria nei confronti degli inguaribili nostalgici, anzi forse più ad uso e consumo delle nuove generazioni (alle quali maggiormente consiglio la visione di questo film) che di Brian Wilson e dei Beach Boys non sanno nulla di più di quanto non gli abbia riferito per caso qualche spot pubblicitario o qualche sigla televisiva.

   Molte nomine/premi festivalieri su tutti i fronti (attori, sceneggiatura, regia... musica naturalmente, dove è significativo un premio per il vero Brian Wilson al Festival di Nashville...), un film che merita senz’altro di essere visto.


    Nota velenosa a margine: naturalmente, in lingua originale, a meno che non si vogliano far doppiare anche i Beach Boys, magari dal Trio Volo...
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domenica 13 dicembre 2015

La Foto di Dora

Ora sei mia per sempre:
quattro per sei,
cornice

minuscola. Che gli occhi
di dosso mai
in eterno

mi leverai, rinchiusa
ora che sei
d’incanto

rimasta liberata.
Legato aversi
ormai...
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domenica 6 dicembre 2015

All'Amica in Milonga

Vestiti d’aria, di capelli,
di quel respiro
azzurro
che ho sentito.

Vesti del tuo sfinito
correre, e ballare.

Vesti l’abbraccio del dare
e dell’avere,
del non sapere dove
e dopo
di  quale passo ti chiami
all’improvviso.

Vesti col riso,
ed ora.

Che già vorresti,
appena spento il ritmo, 
stancarti i piedi un’altra volta

e ancora.
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mercoledì 2 dicembre 2015

Comfortably Numb - Pink Floyd (1979)

      
             



 ONE - Ohi... c’è nessuno in casa?
            Fai sì son la testa se mi senti, da bravo...
              Ti sento un po’ giù, accidenti!
                Potrei darti una mano, rimetterti in sesto.
                 Rilassati, e tanto per cominciare
                  dimmi dov’è che  ti fa male.

TWO - Tu non puoi farci proprio un cazzo...
              Sei come il pennacchio di fumo
                di una nave lontana, sull’orizzonte.
                  Muovi le labbra, sì
                    ma io non sento niente di quel che mi dici.
              Quand’ero piccolo stavo male,
                mi sentivo le mani come fossero due palloncini;
                  ora mi succede di nuovo,
                    ma come faccio a spiegartelo?
                      Cosa mai puoi capirne, tu,
                       di questa mia coscienza intorpidita?

ONE – Va bene, allora ti faccio giusto una punturina...
              Così non ti sentirai più.... (TWO- grida!),
                al massimo avrai un po’ di nausea.
                  Puoi tirarti su in piedi?
                    Di sicuro stai già meglio
                      e potrai tirare avanti con le tue cose. 
                        Dai, muoviti!   

TWO – Quand’ero piccolo, mi capitava una cosa strana:
               mi sembrava di intravedere qualcosa
                 con la coda dell’occhio.
             Ma appena giravo lo sguardo da quella parte
               tutto svaniva,
                 il sogno, la sensazione... spariva ogni cosa
                    prima ancora che riuscissi ad afferrarla.
              Adesso sono cresciuto,
               e quel bambino non c’è più,
                 ed anche quel sogno se n’è svanito chissà dove...
                   Adesso sono qui,
                     beatamente insensibile.     
    
             
              

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