PoEtaBeta

Nel gergo dell’informatica, la versione “Beta” (di un software, di un pacchetto applicativo) è la versione di prova, quella che gli sviluppatori testano al fine di perfezionarla per poi lanciarla sul mercato dei consumatori, pronta a sostituire la versione precedente. Nel mondo dei fumetti, invece, Eta Beta era un curioso amico extraterrestre di Topolino & C., gran testone e corpo esilissimo (una specie di proto-ET futuro hollywoodiano), che usava aggiungere spesso e volentieri una “P-“ davanti alle parole che proferiva (era ghiotto di “P-naftalina”), mentre la sua caratteristica più peculiare era quella di riuscire a contenere ogni cosa nelle sue sterminate mutande, dalle quali riusciva ad estrarre gli oggetti più impensabili ed enormi, e sempre al momento giusto.

Perennemente in prova, e come il rosa alieno lievemente marchiato da quel piccolo e inguaribile difetto di pronuncia che sempre (e più di ogni altra cosa) lo rende “extra” rispetto anche ai pur inconsueti topi e paperi parlanti di Walt Disney,  anche il PoEtaBeta, (di second’ordine, stando a quanto codificato dai greci, rispetto al PoetaAlpha)  tiene le sue piccole composizioni nelle mutande, non per stravaganza, ma semplicemente perché non ha nessun altro posto dove metterle, nessun cassetto, nessun contenitore, nessuna casa.
Intimo nell’intimo, si potrebbe dire, che niente può essere più intimo delle proprie mutande, dove non a caso si custodiscono con cura e rispetto (trivialità a parte, e fatti salvi i moralismi, compresi quelli di stampo igienista) gli attributi più preziosi,  nonché quelle cose che ogni tanto escono dall’animo sotto forma di (asimmetrici) versi, anche quando, una volta fuori dalle mutande, smarriti, finiscano per ritrovarsi dentro un piccolo blog. 




Nessun commento:

Posta un commento