domenica 15 novembre 2015

Libertango


 Oggi sono grato alle mie debolezze. Sia chiaro: non voglio adularle, né assecondarle, né dar loro troppo da mangiare o bere così che ingrassino e mi ostruiscano qualche arteria della Coscienza. Ma mentre intorno, in queste ore, tutto il mondo è spaventato dall’ultimo Babàu franzòso fornitogli preconfezionato dal Potere, io sono felice di aver paura solo di me stesso, del mio.

   Provo un romantico senso di compassione, amore, tolleranza, accettazione delle mie paure, dei miei limiti. Assisto benevolo alle mie piccole sconfitte, alle ritirate momentanee, alle quelle due lacrime che mi ritornano dentro dopo aver concimato il mio volto stanco e incresciuto, bevute e così piene di sapore. Son grato a quel paio di orecchie buffe che mi cammina dentro lo specchio cercando un ritmo, desiderando il volo di una donna - una per tutte - che non sa far volare,  son grato a chi le sa ascoltare, condividere e vivere con me, anche se solo per pochi istanti. Son grato a chi mi dice “aspetta”, son grato a chi mi dice “vai”, a chi mi lascia il suo numero così, senza sapere, tanto per le mie orecchie, forse.

   Dedico a tutti loro questa luminosa domenica di grigio, i tortellini buoni, il vino, un pasto solitario e di letizia, e quella cipolla che finalmente, senza patemi, posso. Dedico e condivido, leggero per come può volare, il basso panorama - eppure immenso - dell’umile tacchino frastornato, chiassoso e goffo, spaventato già dal primo rosso e in disperata cerca di un rifugio aperto, testone, sciocco,  ripieno di intimorita fiducia.

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