lunedì 4 aprile 2016

ElephanTango

MILONGANNOZERO – ELEFANTANGO-



  Non so da che parte cominciare, anche perché non voglio farla tanto lunga che, primo: è già tardi, secondo: a farla troppo lunga, poi non ti si fila giustamente nessuno. E terzo, ci metto un terzo: tra qualche tempo che dir non so, forse non saprò nemmeno riconoscere chi è che ha scritto queste cose, perché col tempo si cambia, e per fortuna, e quindi.

 
 Però adesso c’è un gruppo di persone sparse tra le quali mi sono immerso per caso qualche mese fa  come un piccolo fedele nel Gange, verso le quali, in questa notte di capodanno dell’anno Zero, non posso non provare un senso di gratitudine e riconoscenza. Un gruppo, un branco di uomini ed elefantesse che mi hanno fatto (e sempre mi fanno sentire) come quel cucciolo cui i bracconieri hanno ucciso la madre, e che il resto del branco accoglie e raccoglie tra le sue sacre proboscidi come se fosse figlio loro.

   
Le ho guardate tutte, magari di nascosto; delle più giovani ho sentito battere il cuore e ho lasciato che il mio seguisse e condividesse la loro fatica e la paura per quel ritmo così argentino; dalle più anziane ho bevuto la loro festosa doccia, fangosa e fresca, di benvenuto. Ho il solo rammarico di non averle potute abbracciare tutte, di avere soltanto quattro zampe, nessuna delle quali non mi farà un male cane, domattina, dallo sforzo.  

   
Del capobranco invece ho ascoltato la voce, l’ho annusata, poi mi sono smarrito  per un attimo dietro la sua eleganza, e quando è stata la sua ora, il suo momento, non ho guardato per niente i suoi passi, nemmeno uno:  mi sono fermato sul suo viso, sugli occhi ancorché chiusi, le labbra dipinte tra le quali faceva capolino ogni tanto un piccola punta di lingua accorta, divertita, concentrata e fedele.  Ho voluto soffermarmi soltanto sulla sua espressione, non mi importava della tecnica,  perché era dall’odore dei passi,  e dalle insenature del suo volto che volevo imparare, e capire qualcosa.E ho capito, infatti: che si può anche rimanere cuccioli per sempre, e che se non ritorneremo come bambini non entreremo mai.


Firmato: Andrea.

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