lunedì 15 febbraio 2016

Il Fianco Sbagliato

   Sono girato sul fianco sbagliato, quello sul quale non dormo bene. Infatti mi si aprono gli occhi e già la mente comincia a scalpitare per volersi mettere in moto. Tutto buio, anche fuori. E’ il fianco sbagliato anche perché, da così, ho la radiosveglia  alle spalle e non vedo che ore sono. Ma lo sento lo stesso, che ore sono, sotto le palpebre: sono le cinque e un quarto, forse le quattro e un quarto, o le tre, un quarto di un’ora qualunque di un’altra notte, scura e di vento,  fredda e senza riposo. Mi giro: invece sono le qualcosa e quaranta, ne manca uno, di quarto, a quell’ora qualunque di notte. Ma non mi cambia nulla: sarò stanco anche questa mattina, mi alzerò di nuovo già senza forze come al solito. 

   Conosco solo un modo per vincere la stanchezza, anzi due, ma uno soprattutto: mangiare. E bere, bere tanto, bere. Se c’è qualcosa che riesce a trascinare il mio corpo attraverso il corridoio di tanta spossatezza e a farmi muovere i passi fino all’istante in cui potrò di nuovo buttarmi a letto o in poltrona, questa è la prospettiva di raggiungere l’ora in cui mangiare e bere fino allo sfinimento, per essere poi così stanco da non riuscire a dormire. 

   L’altra cosa è una doccia calda. Calda e infinita, catatonica, assente, subìta, un loop d’acqua scrosciante e vapore, davanti e dietro, dietro e davanti, sui fianchi, e la testa e le gambe, e via dalla pancia, via tutto, le mani che strisciano, raschiano,  e buttano via, via,  giù per lo scarico, tutto, occhi chiusi.

   Ce n’è anche una terza: scrivere. Ma scrivere, quello non ci riesco.

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