domenica 14 febbraio 2016

Non sono io, da nessuna parte

Non sono io, da nessuna parte.
        Chiedo a un tizio che fuma appoggiato allo spigolo dell’isolato, questo si gira, con la mia faccia, e mi risponde “No” solo con un cenno della testa, scuotendo la cenere come infastidito.
       Più avanti c’è uno che balla, assomigliandomi. Domando, lui mi tira una scoreggia violenta che pare una salva di cannoni imperiali, e inciampa allontanandosi con la scusa del mal di testa.
       Mi infilo in un cinema, due sedili più in là ce ne sono due, uno maschio, uno femmina. Sul bracciolo comune, rosso carminio,  tengono appoggiate e sovrapposte le loro mani, ma sotto di esse si vede lo stesso una grossa macchia bluastra a forma di virus. Picchietto sulla spalla di quello più vicino, il mio dito non tocca nulla, mentre loro si guardano negli occhi con l’espressione di chi lascia intendere che il film potrebbe essere stato piuttosto noioso.
       Cammino fino alla birreria, mi incontro lì dentro intanto che, cingendomi il ventre con tutt’e due le braccia, vomito verde piegato sulle mie scarpe migliori, tra la comune riprovazione. Qualcuno pelato, con un grembiule fuxia e la barba curata del killer, arriva trafelato e sbatte un conto di sei boccali sul tavolino, guardando brutto e nel vuoto, verso la gente. Pago io, ed esco.
       Davanti alla chiesa, un mendicante dalle mie fattezze estrae dal taschino della giacca lercia un catenone e un orologio d’oro dell’epoca dei pirati. “Che ore sono?”, gli chiedo. Mi risponde “Che ore sei?”, ridacchia con pochi denti neri e sputa in terra tabacco masticato.
       E poi basta... In riva al mare, deserto.  E un legno, un grosso legno bucherellato e storto. Si lascia mettere un piede sopra senza un lamento intanto che mi accendo una sigaretta, mentre in cielo qualcosa che porta il mio odore fa scendere piano la pioggia del giorno dopo. 

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