giovedì 19 giugno 2014

In Morte del Fratello Giovanni #8

(Capitoli precedenti)

Mi sono sempre chiesto che cosa giri nella testa dei gatti per tutto il tempo. A cosa pensano? Giovanni è stato tra queste mura e poco oltre per quasi vent’anni: il giardino, al quale attraverso una finestrella dotata di inferriate al piano di sotto ha libero accesso più o meno sempre, due o tre trai giardini dei vicini, il tratto di strada dal quale ha saputo ben difendersi acquistando in velocità e tempismo, tesaurizzando al meglio l’esperienza  dell’incidente avuto da piccolo.

Il suo status di ex-maschio, volutogli da Simona già da quando aveva pochi mesi, gli toglie anche quel quoziente di interesse bestiale per le faccenduole di ordine riproduttivo e/o territoriale che avrebbe mantenuto in qualità di non-ex. Cosa può pensare ancora? Cosa vede, ancora e di nuovo, ogni volta che gira di scatto la testa e la sua attenzione corre verso quel segmento di mondo che ha già viso mille volte? E quando sonnecchia, per ore, accomodato sui cuscini morbidi che gli sistemo d’inverno sul termosifone, o sulla seggiola della cucina dove rimane tutto il tmpo dopo che le mie smancerie notturne da innamorato l’hanno fatto stufare, ed approfitta del mio dormire, onesto e discreto, per andarsene coi suoi pensieri dove gli pare?

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Ho avuto la curiosa ed ingiustificata tentazione di fare una piccola pazzia: saprò resistervi, non dubito, ma ieri mi è passato per la testa di portare un po’  Giovanni in giro per il mondo a vedere per una volta le cose che non ha mai visto: il mare... vorrei tanto che vedesse per una volta il mare, dove vivono le sardine che gli spinavo servendogliele poi crude. Il Monte Carpegna, da dove lo pensavo ogni volta che mi ci fermavo qualche giorno in tenda, preoccupato ingiustificatamente per una eventuale incuria da parte dell’ottimo cat-sitter di turno (normalmente Simona, quando non presa dai suoi infiniti andirivieni, sempre maledettamente coincidenti con i miei propositi di rilassamento boschivo), o semplicemente preoccupato per il senso di solitudine che ogni casa vuota da’ ad ogni gatto che si rispetti. O il chiosco della birra, giù in viale, dove potrebbe finalmente vedere e conoscere da vicino, chissà quanto divertendosi, i piccioni ed i passerotti che vengono a scroccare amabilmente i salatini che ti servono con le bevande...
Ma naturalmente non farò nulla di tutto questo: per qualunque gatto, essere sottoposto a questa insulsa umanizzazione sarebbe stonato ed  irriverente, per nulla rispettoso del suo essere gatto. E Giovanni, che non solo non è un gatto qualunque, ma è anche un gatto con insufficienze renali gravi che avrebbe compiuto la bella età di diciannove anni tra un paio di mesi, e che sta solo pensando con meticolosa economia a come sistemare le zampe e dove e come appoggiare la testa tra una posizione e l’altra in attesa di morire, che ascolta, sordo, il suo respiro e basta, desiderando solo qualche sorso di acqua nuova di tanto in tanto, non saprebbe cosa farsene dell’habitat delle sue sardine, degli uccellini saltellanti, dei tramonti di nuvole infuocate o del rumore impetuoso del vento che scuote i pini, che pure non riuscirebbe mai nemmeno a sentire.


(segue)
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