giovedì 12 giugno 2014

PAPAOUTAI

Il  tema della genitorialità che tratta “Papaoutai” non solo non mi è congeniale, ma nutro nei suoi confronti una sostanziale indifferenza, quando non vera e propria avversione ed antipatia. Il genere musicale stesso non è tra quelli che sono solito frequentare, ma con questa “opera” del signor Stromae, al secolo Paul Van Haver, trentenne musicista belga di passaporto e di madre, ruandese nel bagaglio genetico lasciatogli dai complementari cromosomi paterni, mi è successo quello che di tanto in tanto mi capita senza che me ne accorga, fulmine a ciel sereno.
E così, rimasto colpito mentre ascoltavo alla radio questa geniale, tormentosa lamentazione della quale coglievo solo alcune delle sue sfumature, sono andato ad approfondire in rete, scoprendone, tra le altre cose, il relativo video assolutamente eccezionale: le quattro coppie padre/figlio che compaiono nella clip (più una composta di due ragazze, probabilmente rappresentanti il lato della maternità, trascurato a favore di quello della paternità), danno ciascuna il proprio apporto, integrando ciò che col testo viene raccontato: quella rossa racconta del gioco, quella arancione e quella gialla dell’educazione sana ai buoni principi l’una, della paternità violenta e concepita come “padronanza” prevaricatrice l’altra. Infine la coppia del “l’io narrante”, genialmente confusa con un manichino sorridente raffigurante lo stesso Stromae, che si dibatte tra indefinitezza ed indecisione, senza contorni, omologata alla banalità quotidiana, restando apertamente incompiuta ed interrogativa fino al finale, dove anche il bambino sceglie di ingessarsi nello stesso sorriso freddo del padre.
Geniale.
In rete, ho trovato delle trascrizioni del testo che facevano accapponare la pelle, la migliore che ho trovato, e che mi sembra infine quella corretta è questa che segue. Mi sono poi divertito a dare una mia personale interpretazione del testo, traducendolo a mia volta.
Dites-moi d'où il vient
Enfin je saurais où je vais
Maman dit que lorsqu'on cherche bien
On finit toujours par trouver
Elle dit qu'il n'est jamais très loin
Qu'il part très souvent travailler
Maman dit "travailler c'est bien"
Bien mieux qu'être mal accompagné
Pas vrai ?

Où est ton papa ?
Dis-moi où est ton papa ?
Sans même devoir lui parler
Il sait ce qui ne va pas
Ah sacré papa
Dis-moi où es-tu caché ?
Ça doit, faire au moins mille fois que j'ai
Compté mes doigts

Où t'es, papaoutai ?
Où t'es, papaoutai ?
Où t'es, papaoutai ?
Où t'es, où t'es où, papaoutai ?

Quoi, qu'on y croit ou pas
Y aura bien un jour où on y croira plus
Un jour ou l'autre on sera tous papa
Et d'un jour à l'autre on aura disparu
Serons-nous détestables ?
Serons-nous admirables ?
Des géniteurs ou des génies ?
Dites-nous qui donne naissance aux irresponsables ?
Ah dites-nous qui, tient
Tout le monde sait comment on fait les bébés
Mais personne sait comment on fait des papas
Monsieur Je-sais-tout en aurait hérité, c'est ça
Faut l'sucer d'son pouce ou quoi ?
Dites-nous où c'est caché, ça doit
Faire au moins mille fois qu'on a, bouffé nos doigts.

Où t'es, papaoutai ?

Ditemi da dove viene lui, così alla fine saprò dove finirò io.
 Mamma dice che quando si cerca bene, si finisce sempre per  trovare.
Dice che non è mai troppo lontano, che va fuori spesso per lavoro.
Mamma dice: “E’ meglio lavorare che frequentare cattive compagnie, non trovi?”


Dov’è tuo papà? Dimmi, dov’è tuo papà?
Che non c’è bisogno di dirgli niente: lui sa subito cosa c’è che non va.
Benedetto papà, dove ti sei nascosto?
Che saranno mille volte che mi conto le dita...



Dove sei, papà? Papà, dove sei? 





Ad ogni modo, ci si creda o no, prima o poi ci si crederà meglio:
un giorno o l’altro saremo tutti papà, e da un giorno all’altro saremo spariti tutti.
Saremo detestabili? Ammirabili? Genitori o geni... fammi capire:
ma chi è che mette al mondo gli irresponsabili?
Spiegami un po’ questa cosa: tutti sanno come si fanno i bambini,
ma nessuno sa come si fa un papà.
Signor “so-tutto-io”, è un fatto ereditario succhiarsi il pollice, o cosa?
Dimmi piuttosto dove ti sei nascosto, che saranno mille volte che mi  mangio le dita.
Dove sei, papà? Papà, dove sei?
Dov’è tuo papà? Dimmi, dov’è tuo papà?
Che non c’è bisogno di dirgli niente: lui sa subito cosa c’è che non va.
Benedetto papà, dove ti sei nascosto?
Che saranno mille volte che mi conto le dita...

Dove sei, papà? Papà, dove sei?  




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